Fatti storici e di devozione al Santuario

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La statua del profeta Isaia

Dopo che, a proposito delle opere d’arte presenti nel transetto sinistro del nostro Santuario, sono state nominate le due statue che vi compaiono – la madre dei fratelli Maccabei e Synamite -, è opportuno continuare a elencare le altre statue presenti nella chiesa. Queste dodici statue, opera dello scultore Antonio Rota e databili ai primi anni del Novecento, sono tutte in stucco bianco, presentano uno stile classicheggiante e sono disposte, racchiuse ciascuna in una nicchia, lungo le pareti e negli altari laterali, a formare una sorta di ideale processione.

Partendo dall’ingresso principale, alla destra e alla sinistra di esso troviamo, quale inizio simbolico di un cammino che dall’Antico Testamento porta fino al Nuovo, due dei profeti maggiori, Isaia e Geremia.

Il profeta Isaia, nato intorno al 765 a.C., era un sacerdote della tribù di Levi.  Di nobile famiglia, aveva libero accesso a corte, dove era una sorta di profeta di palazzo. Nel 740 ebbe, nel tempio di Gerusalemme, una visione in cui il Signore lo invitava ad annunciare la rovina di Israele. Effettivamente i tempi in cui egli visse non erano certo facili: oltre all’instabilità politica, dovuta alle mire espansionistiche degli Assiri – che di lì a qualche anno avrebbero assoggettato lo Stato di Israele -, regnava una profonda corruzione morale: pratiche superstiziose e pagane si accompagnavano a immoralità e ingiustizie sociali. Lo stesso culto reso a Dio nel Tempio era più formale che sentito, e la fede dei padri languiva sempre più.

In tale ambiente Isaia annunciò il suo messaggio, certamente poco gradito ai più, sferzando severamente le colpe individuali e collettive, usando rimproveri e minacce, ma soprattutto cercando di inculcare una fede illimitata in Dio, unico sostegno e salvatore. 

Dopo l’invasione assira, intorno all’anno 700 a.C., del profeta si perdono le tracce: secondo una tradizione ebraica, sarebbe stato arrestato e condannato a morte dall’empio sovrano Manasse, forse, secondo quanto riporta un Vangelo apocrifo, in un modo particolarmente atroce, cioè sarebbe stato segato in due.

L’opera di Isaia si compone di sessantasei capitoli, ed è normalmente divisa in due grandi parti, di cui la prima è detta Libro dei giudizi di Dio e la seconda Libro della consolazione.

Isaia è spesso ricordato nella liturgia della Chiesa per le sue parole che profetizzano l’avvento di un Messia e Redentore: tali profezie fanno riferimento alla nascita del Messia (7: … Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli darà nome Emmanuele) o anche alla sua patria (8: … così nei tempi a venire coprirà di gloria la terra vicino al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili; il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce…).

Forse ancor più note sono le profezie, ricordate spessissimo durante la Quaresima, circa un “giusto sofferente”, identificato dalla Chiesa con il Cristo, vittima innocente consegnatasi volontariamente alla morte: Isaia 53,3 … disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo dei dolori, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne avevamo stima alcuna; 53,7: … maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì a bocca; come l’agnello condotto al macello, come pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca; 50,6: Io ho presentato il mio dorso a chi mi percuoteva e le guance a chi mi strappava la barba; io non ho nascosto il mio volto agli insulti e agli sputi; 53,12: … Perciò io gli darò in premio le moltitudini, … perché ha dato se stesso alla morte ed è stato contato con i malfattori; perché egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli… 

Il profeta Isaia è venerato dalla Chiesa cattolica come santo ed è celebrato il 9 maggio.

 

(Dal bollettino parrocchiale di gennaio 2015)

 

Rubrica sul sito nella sezione Borgo > Storia e curiosità

a cura della professoressa Loretta Maffioletti