Fatti storici e di devozione al Santuario

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Pezzotta - S Ambrogio - 0190906

 

Sant’Ambrogio
L’affresco di Giovanni Pezzotta

Alla base della cupoletta del coro, sotto l’affresco dell’Eterno Padre e degli angeli che reggono i simboli della Passione, troviamo altri quattro affreschi ovali, sempre opera di Giovanni Pezzotta (Albino 1838 – Bergamo 1911), ritraenti i Padri della Chiesa d’Occidente che maggiormente hanno onorato Maria con i propri scritti: sono i santi Ambrogio, Bernardo, Agostino e Bonaventura.

Bernardo e Bonaventura, già ricordati nel Santuario nelle statue bianche di Antonio Rota, sono ritratti in abito monacale, mentre Ambrogio e Agostino, vescovi rispettivamente di Milano e di Ippona, presentano le insegne della propria carica episcopale.

Ambrogio, appartenente a una nobile famiglia romana, nasce in un anno tra il 333-334 e il 339-340, mentre suo padre è prefetto del pretorio delle Gallia, presumibilmente a Treviri, sede di questa carica. Dopo la morte prematura del padre, insieme al resto della famiglia ritorna a Roma, dove compie ottimi studi, comprendenti anche il greco. Assai giovane è già affermato avvocato presso il tribunale di Sirmium (nell’attuale Serbia), capitale della prefettura di Italia, Illirico e Africa. Nominato, intorno al 370, governatore delle province di Liguria ed Emilia, si trasferisce nella sede di Milano. La città è in quegli anni travagliata dalle lotte tra cattolici e ariani, che sfociano spesso in veri e propri tumulti popolari (ricordiamo che l’arianesimo, eresia condannata più volte dalla Chiesa, tendeva a non riconoscere la natura divina di Cristo, ed era assai diffuso soprattutto fra i popoli di origine germanica): in un giorno del 374, mentre in una chiesa sta cercando di placare la folla agitata per la candidatura del nuovo vescovo, dopo l’episcopato di un vescovo ariano, Ambrogio viene, del tutto inaspettatamente, acclamato vescovo dai presenti. Il suo primo pensiero è quello di fuggire (egli, pur appartenendo a famiglia cattolica, non è neppure battezzato, secondo un uso abbastanza comune in quegli anni), ma poi, pur con qualche rimpianto per la sua precedente attività, ci ripensa e accetta: nel giro di una settimana riceve così il Battesimo e tutti gli ordini sacri fino alla consacrazione episcopale (7 dicembre 374).

Si rivelerà un vescovo straordinariamente attivo: prima di tutto si darà da fare per acquisire una buona preparazione teologica attraverso uno studio costante (il che gli varrà l’ammirazione del giovane Agostino). Studierà con grande cura non solo le Sacre Scritture, ma anche l’opera di analisi e commento a queste, sviluppatasi soprattutto nelle Chiese orientali da un secolo e mezzo circa.

La predicazione è uno degli aspetti da lui maggiormente curati, ma non vengono dimenticati neppure gli altri impegni pastorali (la preparazione ai vari sacramenti e la loro somministrazione; l’assistenza ai poveri e ai prigionieri; la sollecitudine costante nei confronti della vita monacale femminile…).

Il momento storico, tutt’altro che tranquillo, l’ubicazione della sua sede episcopale, divenuta capitale imperiale al posto di Roma, la sua stessa indole e la sua preparazione forense lo porteranno anche a doversi occupare di politica in senso stretto, a contatto con gli ambienti della corte e della nobiltà. Contro l’arianesimo, eresia molto diffusa anche nell’ambiente della corte, si avvale dei buoni rapporti con il reggente imperiale, Graziano, al quale farà convocare il concilio di Aquileia nel 381. Non mancano, nella società del tempo, i residui di paganesimo, sostenuti per lo più, e anche lealmente, da senatori legati alle tradizioni e ai valori dell’impero romano: il vescovo fa di tutto perché vengano aboliti anche i simboli pagani (è assai nota la disputa con il senatore Simmaco per la rimozione dell’altare della vittoria, dedicato dall’imperatore Augusto per celebrare la vittoria ad Azio nel 31a.C. contro Cleopatra e conservato nella sede del Senato di Roma), con un’intransigenza che agli occhi nostri può apparire eccessiva.

Con l’imperatore Teodosio i rapporti sono per lo più cordiali e collaborativi, tanto da contribuire, tra il 380 e il 392, al trionfo del Cattolicesimo.

Il vescovo, tuttavia, non esiterà a entrare in forte conflitto con l’imperatore, qualora gli sembri che il comportamento di quest’ultimo sia stato biasimevole: nel 390 colpirà con la scomunica Teodosio, colpevole di un’atroce rappresaglia, culminata in una strage di settemila civili, a Tessalonica: l’imperatore, additato pubblicamente come peccatore e perciò indegno di essere obbedito dai suoi sudditi, dovrà supplicare umilmente il vescovo di concedergli il perdono e di riammetterlo nell’assemblea dei credenti. La produzione ambrosiana è ingente: ricordiamogli scritti esegetici (il commento a quasi tutto l’Antico Testamento, il commento al Vangelo di Luca, l’Exameron, cioè i sei giorni della Creazione, in sei libri); morali e ascetici (il De officiis e cinque opere sulla verginità); dottrinali (opere antiariane e sui sacramenti); inoltre orazioni funebri, un epistolario in dieci libri e gli inni, da lui composti e introdotti per rendere maggiormente allettanti le varie funzioni sacre.

Sant’Ambrogio, patrono di Milano, viene ricordato dalla Chiesa il 7 dicembre.

 

a cura della professoressa Loretta Maffioletti

 

dal bollettino parrocchiale di aprile 2016

Rubrica sul sito nella sezione Borgo > Storia e curiosità